di Fabrizio Morlacchi.
Roma, 7 Marzo 2019 – Per la Lega Nord non ci sono dubbi: “Ogni Regione deve poter ottenere la più ampia autonomia sul piano legislativo e organizzativo”, si legge tra i documenti messi online sul sito istituzionale del partito. “Pertanto, le Regioni che si sentono pronte devono, in base a quanto scritto nella Costituzione, poter svolgere ulteriori competenze legislative”.
Si parla anche di “desiderio di emulazione” (sic!) da parte di altre Regioni, ma nulla viene detto sul rischio di (ancora più) forti disequilibri in un Paese che già procede a due se non a tre velocità. Non bisogna trascurare un aspetto che appare irrilevante per chi sta spingendo l’acceleratore su questo tema: si tratta di un tema fondamentale per il Mezzogiorno.
Ecco perché il prof. Andrea Patroni Griffi, ordinario nell’Università della Campania L. Vanvitelli, ha predisposto un documento su “Regionalismo differenziato, ruolo del Parlamento e unità del Paese”, condiviso inizialmente con i colleghi Lorenzo Chieffi del medesimo Ateneo e Alberto Lucarelli, ordinario nell’Università di Napoli Federico II, quindi, con i proff. Andrea Pertici (Università di Pisa), Andrea Morrone (Università di Bologna) e Beniamino Caravita di Toritto (Università di Roma La Sapienza), prima di sottoporlo alla firma dei Presidenti emeriti della Corte costituzionale e degli altri Costituzionalisti.
“Siamo fortemente preoccupati per le modalità di attuazione finora seguite nelle intese sul regionalismo differenziato e per il rischio di marginalizzazione del ruolo del Parlamento, luogo di tutela degli interessi nazionali – è scritto nel documento -. Le ulteriori forme di autonomia non possono riguardare la mera volontà espressa in un accordo tra Governo e Regione interessata, avendo conseguenze sul piano della forma di Stato e dell’assetto complessivo del regionalismo italiano.
Nel testo dell’articolo 116, terzo comma, come introdotto dalla riforma costituzionale del 2001, si prevede “una legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119” e che “La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”.
Questa disposizione va letta coerentemente con i principi di unità e indivisibilità della Repubblica e con la funzione propria del Parlamento di tutelare gli interessi di tutti i cittadini e di tutte le Regioni”.
“In assenza di una legge generale che stabilisca le condizioni del regionalismo differenziato e che eviti un’attuazione disordinata dello stesso, e in assenza di ogni dibattito preliminare – si legge ancora -, è importante sottolineare come lo stesso articolo 116 terzo comma presupponga un ruolo positivo del Parlamento nella definizione del regionalismo differenziato.
I parlamentari, come rappresentanti della Nazione, devono essere infatti chiamati a intervenire, qualora lo riterranno, anche con emendamenti sostanziali che possano incidere sulle intese, in modo da ritrovare un nuovo accordo, prima della definitiva votazione sulla legge.
L’approvazione parlamentare di cui all’articolo 116 comma 3 nulla ha a che vedere con l’articolo 8 della Costituzione sui culti acattolici; né ha alcun senso ricondurre questo procedimento alla legge di ratifica di trattati internazionali. Anche nell’approvazione dei primi Statuti del 1972 il Parlamento svolse un ruolo incisivo. La fisionomia delle regioni, infatti, riflette quella dell’intero Paese e non riguarda solo i singoli governi regionali”.
Ecco perché, spiegano i sottoscrittori, “L’approvazione parlamentare non può essere meramente formale; la previsione della legge nell’articolo 116, comma 3 della Costituzione è posta a garanzia che l’autonomia negoziata dalle regioni richiedenti si inserisca armonicamente nell’ordinamento complessivo della Repubblica. Il ruolo del Parlamento, nell’articolo 116, è finalizzato a tutelare le istanze unitarie a fronte di richieste autonomistiche avanzate dalle Regioni che possono andare proprio in danno a tali istanze unitarie”.
Estensori e sottoscrittori, dunque, rivolgono un appello: “Al Presidente della Repubblica, ai Presidenti e componenti delle Camere affinché garantiscano il ruolo del Parlamento anche rispetto alle esigenze sottese a uno sviluppo equilibrato e solidale del regionalismo italiano, a garanzia dell’unità del Paese”.
Questo l’elenco dei firmatari:
Francesco Amirante, Presidente emerito della Corte costituzionale
Vincenzo Atripaldi, emerito Università di Roma La Sapienza
Giuseppe Campanelli, Università del Salento
Beniamino Caravita di Toritto, Università di Roma La Sapienza
Francesco Paolo Casavola, Presidente emerito della Corte costituzionale
Elisabetta Catelani, Università di Firenze
Alfonso Celotto, Università di Roma Tre
Pietro Ciarlo, Università di Cagliari
Gianfranco Cocco, Università di Milano Bicocca
Pasquale Costanzo, Università di Genova
Lorenzo Chieffi, Università della Campania Luigi Vanvitelli
Salvatore Curreri, Università di Enna Kore
Antonio D’Aloia, Università di Parma
Claudio De Fiores, Università della Campania Luigi Vanvitelli
Giorgio Grasso, Università dell’Insubria
Enrico Grosso, Università di Torino
Cosimo Guarini, Università di Bari
Carlo Iannello, Università della Campania Luigi Vanvitelli
Alberto Lucarelli, Università di Napoli Federico II
Roberto Miccù, Università di Roma La Sapienza
Andrea Morrone, Università di Bologna
Anna Maria Nico, Università di Bari
Ida Nicotra, Università di Catania
Elisabetta Palici di Suni, Università di Torino
Fulvio Pastore, Università di Cassino
Andrea Patroni Griffi, Università della Campania Luigi Vanvitelli
Andrea Pertici, Università di Pisa
Anna Maria Poggi, Università di Torino
Salvatore Prisco, Università di Napoli
Michele Scudiero, emerito Università di Napoli
Giuseppe Tesauro, Presidente emerito della Corte costituzionale
Lara Trucco, Università di Genova
Massimo Villone, emerito Università di Napoli Federico II.